LA VERTICALE DEL FALCONE seconda degustazione in verticale di vini da vitigni identitari di Puglia e Basilicata

I Vini e le Cantine di Radici

Minervino Murge, 17 marzo 2009. “I giardini di marzo si vestono di nuovi colori”, a questa regola non si sottrae la Masseria Barbera, teatro della seconda degustazione in verticale di vini da vitigni identitari di Puglia e Basilicata organizzata dall’associazione ProPapilla, con la sapiente regia di Nicola Campanile e l’impeccabile conduzione di Enzo Scivetti. Va in scena il Nero di Troia. Vitigno dal quale i vini alle ultime degustazioni alle quali ho partecipato, quella di “Radici” lo scorso giugno e quella di “Wine-Surf” lo scorso novembre, non avevano brillato. Ma l’azienda RIVERA di Andria fa scendere in campo il suo cavallo di battaglia, o meglio di Troia, o meglio fa spiccare il volo al suo prodotto di punta: il “Falcone”. Un Castel del Monte DOC Riserva, che riserva sempre grandi sorprese, sin dalla sua nascita, nel 1950, quando ancora si chiamava “Rosso Stravecchio”. Il nome Falcone, scelto dal 1971 con la nascita della DOC, venne creato in onore di colui che fece costruire l’imponente castello, l’imperatore Federico II  di Svevia, per la sua passione per la falconeria. Ma il falcone è simbolo di eleganza e austerità, le stesse che ritroveremo nel vino prodotto dall’uva di Troia, la cui rusticità viene placata solo con adeguato invecchiamento ed una percentuale, fino a 30, in uvaggio Montepulciano.
I vini protagonisti di questa serata sono sei, con le annate che coprono un arco temporale di ben 30 anni, che vanno dal 2004 fino al 1974, passando per il 2000, il 1997, il 1995 ed il 1983. Come ogni degustazione che si rispetti, si parte dall’esame visivo, ed il colpo d’occhio è davvero spettacolare per la luminosità e la vivacità del colore, persino nell’annata più vecchia.  Si procede con l’olfatto, partendo dal prodotto più giovane, al suo debutto, con il frutto a bacche nere (more e mirtilli) in evidenza, ben equilibrato dalle note speziate (pepe nero). Le stesse sensazioni le ritroviamo nell’annata 2000, con in più una nota selvatica, in evoluzione. Il prodotto del 1997 mostra ancora più complessità, aggiungendo al fruttato di mora selvatica sentori di fiori appassiti, vaniglia, tabacco, un po’ le stesse che ritroviamo nell’annata 1995, con più evidenza del frutto in confettura. Con un lungo salto indietro nel tempo si passa al 1983, dove i sentori si fanno più eterei (smalto) e i fiori appassiti sono più evidenti, ma è ancora presente la liquirizia, mentre meno evidente il fruttato. Si conclude l’esame olfattivo con la riserva più anziana, la 1974, dove incredibilmente la confettura di ciliegie si fa ancora sentire.. Con questo prodotto che compie i 35 anni di vita si inizia la fase gusto-olfattiva, e l’inizio di maderizzazione che si avverte è piuttosto contenuta, mentre è notevole la finezza con cui riesce a sorprendere. Si procede in senso  inverso e si scopre che l’elegante 1983, grazie alla sostegno del tratto acido-tannico riesce a indurre una salivazione quasi da vino bianco fresco. La struttura, l’eleganza, il tannino ricco, il ritorno olfattivo della frutta e della liquirizia, la lunga persistenza aromatica li ritroviamo nei vini del 1995 e del 1997, mentre la 2000 denota più spessore, avvolgenza, con buona tessitura tannica ed un ritorno minerale di grafite. L’irruenza giovanile dell’annata 2004 prelude una prodotto in divenire, dove già troviamo un frutto palpabile, struttura imponente con una chiusura in bocca di tabacco e liquirizia in evoluzione.
Il tratto d’unione di questa performance è dato da uno stile aziendale preciso, uguale a solo se stesso, sempre mirato all’austerità e all’eleganza di un vino con tannino fitto ma domato, così come l’imperatore sapeva domare i suoi austeri ed eleganti falconi.
Applausi a scena aperta del pubblico presente alla degustazione, ovvero, noti ristoratori pugliesi, tra cui l’osteria  “Vigna del Mar” del simpatico rompiballe Luciano Lombardi e l’Enoteca “In Fermento” di Monopoli, “Il Capriccio” e “Il Dragone” di Vieste, “L’Oasi” di Margherita di Savoia e “l’Officina del Vino” di Trani, i giornalisti del settore, il delegato AIS Svevia Dino Saulle, gli stessi proprietari dell’azienda Rivera Carlo e Sebastiano De Corato e l’enologo dell’azienda, il pluri-impegnato dott. Leonardo Palumbo, presidente dell’Assoenologi di Puglia e Basilicata e ora anche consigliere dell’Assoenologi nazionale e dell’Union des Oenologues.
La serata si è conclusa una meravigliosa cena offerta dalla masseria Barbera. 
Prossimamente, su questi schermi, in scena le verticali del Primitivo e del Negroamaro.

Paolo Bargelloni

Tutte le news